Azionisti Veneto Banca: azioni svalutate dell’81,5% e nessun diritto di recesso

Associazione azionisti Veneto Banca: i soci forti uniti contro la quotazione in Borsa

Reduce da una maxi perdita da 770 milioni in 9 mesi e dalle dimissioni del presidente Favotto e del suo vice Alessandro Vardanega, Veneto Banca è alla vigilia di un’assemblea che dovrebbe rivelarsi decisiva. Il 19 dicembre infatti azionisti e management si incontreranno per decidere le sorti della popolare.

Nonostante si vociferi che i piccoli azionisti intendono proseguire una linea dura, i soci forti si sono riuniti nell’associazione “Per Veneto Banca”. Decisa a sostenere la trasformazione in Spa della banca e a posticipare la quotazione in Borsa: ai numeri attuali l’associazione azionisti Veneto Banca vale l’8% dell’azionario.

Ma la perdita di valore non è l’unico evento drammatico che ha vissuto la popolare: nell’ultimo anno e mezzo Veneto Banca è stata anche soggetta a ispezioni delle autorità di vigilanza da cui sono emersi i “conti taroccati” della gestione di Vincenzo Consoli. A tal proposito la procura ha avviato un’inchiesta penale, tutt’ora in corso.

Sotto l’egida degli ispettori della Banca Centrale Europea inoltre è stata effettuata una pulizia dei bilanci che ha determinato svalutazioni, accantonamenti e perdite enormi. Una situazione che ha portato a un taglio del 25% del valore delle azioni.

Assemblea azionisti Veneto Banca: definito il 2 dicembre i prezzo di recesso

Intanto è già stata avviata la trasformazione in Spa, e nei prossimi mesi verrà varato un nuovo aumento di capitale (già il secondo in due anni) e avviato l’iter per la quotazione a Piazza Affari.

Sebbene si tratti di una situazione disastrosa, nessuno di questi eventi è stato più sofferto della decisione che il consiglio ha dovuto prendere il 2 dicembre: definire il prezzo di recesso per gli azionisti che non vogliono aderire alla trasformazione in società per azioni.

Detta così può sembrare una cosa da poco, ma è necessario ricordare che nonostante sia uno dei maggiori istituti di credito italiani, Veneto Banca non è quotata in Borsa e da anni i soci non riescono a vendere le proprie azioni.

Il problema di stabilire un prezzo di recesso non riguarda solo l’aspetto tecnico (ossia stimare il valore di una banca i cui attivi e patrimonio sono stati ridimensionati in modo drastico), ma è soprattutto quello di spiegare a migliaia di azionisti, che premono per vendere pur di rientrare di parte del capitale, che quel prezzo non potrà mai essere pagato.

Azionisti Veneto Banca perdono l’81,5%. Le conseguenze della legge Renzi

Questo è l’effetto della legge del governo Renzi che obbliga le 10 maggiori popolari italiane a trasformarsi in Spa. La Banca d’Italia può infatti limitare il diritto di recesso dei soci, anche in deroga alle norme di legge, se necessario ad evitare una riduzione del capitale sociale al di sotto di determinati requisiti patrimoniali definiti dalla vigilanza.

Veneto Banca è ampiamente al di sotto di tale requisiti, e le è stato dunque vietato di liquidare con mezzi propri gli azionisti che intendessero avvalersi del diritto di recesso. Detto ciò, si capisce perché il consiglio di amministrazione convocato il 2 dicembre per le 10 di mattina si sia sciolto solo dopo le 23.

Il contenuto del comunicato è shoccante: ai fini del recesso le azioni sono state valutate 7,3 euro contro i 30,50 fissati dall’assemblea di aprile, ossia il 76% in meno. Se si tiene conto che il prezzo di 30,50 euro rappresentava già un taglio di oltre il 22% rispetto ai 39,50 euro degli anni passati, la perdita subita dai soci si aggira intorno all’81,5%.

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